Una bocca con un taglio di labbra
che un pittore non avrebbe saputo disegnare meglio scopriva denti
deliziosamente irregolari. Con la lingua mi divertivo a seguirne i contorni
mentre i suoi occhi profondi mi guardavano sorridendo.
“No ti prego no. Sono un lago!” mi
disse mentre avvicinavo il viso al suo sesso aprendole le gambe. Dopo esserci lentamente
spogliati sul divano, con mani tremanti e respiri affannati, mi aveva afferrato
per un braccio e condotto nella grande camera da letto con gli scuri chiusi. Il
suo corpo era meraviglioso. La sentivo fremere mentre, continuando a baciarci,
le sfilavo le mutandine (“se sapevo saresti venuto ne avrei indossate di più
carine”). Non era sicuramente il modo più semplice di compiere quell’operazione
ma in poco tempo ci ritrovammo finalmente nudi.
Il desiderio di conoscerci non ci
abbandonava ancora mentre io affondavo la bocca sul suo collo e la sua mano,
stringendomi il fianco, dettava il ritmo dei movimenti. Dopo esserci baciati dieci,
cento e mille altre volte, nel cambiare posizione il nodo che teneva ferma la
sua capigliatura finalmente cedette e i capelli scesero a far da cornice al volto,
ondeggiando lentamente seguendo i movimenti del bacino.
Sopra di me, le vedevo le tempie
imperlate di sudore, segno che il suo orgasmo stava per arrivare. Come un colpo
di frusta il piacere la investì, facendole inarcare la schiena. Come per
contraccolpo poi ricadde in avanti, abbandonandosi sul mio corpo e affondando
la lingua nella mia bocca.
Il caldo africano che arrivava da
fuori lo sentimmo solo dopo aver districato i nostri corpi, quando le
sensazioni di piacere iniziarono ad attenuarsi e la lunga calda onda
dell’orgasmo svaniva. Era come se solo in quel momento iniziassimo a percepire
le sensazioni provenienti dall’esterno e non più quelle eravamo stati capaci di
regalarci.
Le 5 del pomeriggio sono un ottimo momento per fare una
pausa caffè, soprattutto se il caffè non lo prendi.
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