giovedì 28 febbraio 2013

Cane Cavem – We Bite



Periodicamente mi capita di ricevere dei reclami, anche a distanza di un paio di giorni in cui la lei di turno mi accusa di averle lasciato dei segni che “ci vorranno almeno tre settimane prima che vadano via… io ho la pelle delicata!!!” Grazie alle nuove tecnologie, spesso mi mandano anche le foto.
Ebbene, come si farebbe a una riunione degli Alcolisti Anonimi, ora mi alzerei in piedi, direi il mio nome e affermerei “…e mi capita di dare morsi quando faccio l’amore!!”
Non lo faccio perché cedo alla fascinazione di vampiri o zombie che da tempo popolano l’immaginario cinematografico mondiale. Il morso è una continuazione, una coloritura del bacio. Così come la lingua disegna umidi ghirigori sulle areole del seno e sul collo, i denti tracciano leggero solchi sulle spalle, sulla nuca, sui polpacci e a volte afferrano la carne, la assaporano in profondità.
A volte è un polpaccio a fungere da “fiero pasto”. Stringere i denti sulla tenera polpa è come scaricare la tensione, trattenere l’orgasmo e continuare a muoversi nel corpo di lei senza eiaculare. A volte è per vederle cambiare l’espressione persa che hanno sul volto. Come diceva il poeta “stuzzicare una sconosciuta fino a vederle spalancarsi la bocca”. Le gambe di Irina e de La tresca spesso subivano queste attenzioni, da loro non gradite.
Per Mary Jane e HH il discoro era diverso. Loro i morsi li gradivano, per non dire che li esigevano. Le loro schiene nude erano uno sterminato campo di gioco per la mia bocca. Contro la parete, in ginocchio sul letto, a quattro zampe sul pavimento i denti disegnavano ovali irregolari. Il dolore si irradiava lungo la schiena intenso come una scossa elettrica, il corpo si inarcava e poi abbassava seguendo il ritmo di un respiro prima improvvisamente mozzato e con la stessa rapidità ripreso e completato con una lunga espirazione che si perdeva in un lamento confuso e un gemito di piacere.
E dopo l’amore, è bello coccolarle ricoprendo di teneri baci quelle fresche cicatrici

venerdì 8 febbraio 2013

Facesitting

In un epoca neanche tanto lontana, in cui la circolazione delle informazioni era limitata a carta stampata, in parte alla televisione (che non ha mai informato più di tanto, giusto disinformato) e al passaparola meglio noto come chiacchiera da bar o confabulata da ultimo banco, molte delle cose si facevano non avevano un nome. Le descrivevi a gesti (tu ti sdrai sul letto… lei la fai venire sopra…) gli altri capivano o facevano finta di capire, annuivano con la testa gli estimatori, la scuotevano i perplessi che non si discostavano dalla posizione del missionario.
Ora grazie soprattutto a internet che non solo ha consentito la diffusione del “sapere”, soprattutto quello che non ha mai avuto una accademica solennità, ma ha anche dato un nome a tante cose posso affermare che apprezzo la pratica del facesitting.
Il web ci insegna anche che il facesitting in realtà ha due sfaccettature:
-         Lo smothering, che rientra nelle pratiche SMBD e prevede la privazione del respiro
-         Il Facesitting base, diciamo versione Vanilla, in cui si pratica semplicemente il sesso orale

Il mai troppo lodato sesso orale richiede una certa dote di contorsionismo. Mentre il nostro attrezzo del piacere si staglia verso l’esterno, la fonte della felicità si trova in una posizione non agevole da raggiungere.

Se lei si trova sdraiata sul letto, dopo un po’ ti viene il mal di collo. Sul tavolo la posizione è più comoda ma non sempre lo spazio e la logistica sono sufficienti. Col 69 dopo un po’ ti va il sangue alla testa o non respiri bene. Ma con il facesitting puoi superare tutti questi fattori collaterali di disturbo e concentrarti solamente sul lavoro della lingua e delle labbra. La comodità della posizione ti consente di andare avanti per tutto il tempo che vuoi, infatti di solito è lei che dice basta. Dopo molto, molto tempo!