Avere vent’anni c’era, ci stava.
Non è che rimaneva semplicemente li, lei occupava uno spazio ben definito con
la sua voluttuosa fisicità. Un metro e ottanta di tenera carne bianca, uno
sguardo languido, dei seni che dire generosi era fargli torto, un sedere
importante senza essere eccedente. E dall’alto dei suoi quasi quarant’anni
coltivava ancora uno strepitoso rapporto con la forza di gravità.
Avere vent’anni non le mandava a
dire. La sua disponibilità la comunicavano i 3 bottoni aperti della camicetta
che a mala pena riuscivano a contenere l’esuberanza delle tette. Entrata in
casa poggiava la borsa per terra per offrire una visione ancora più profonda
della sua scollatura e salutava con un ciao a mezza bocca tra il timido e il
divertito, un po’ come un bambino che aspetta con curiosità la replica degli
adulti alla marachella che ha appena combinato.
Avere
vent’anni esibiva, ma non ostentava, meno che mai in pubblico. Quello era il
suo modo di dire “voglio fare l’amore, perche non mi scopi qui contro la
porta?” ma voleva che fossi tu a prendere l’iniziativa, semplicemente per quel
desiderio tutto femminile di sentirsi desiderata, senza perdere il proprio
candore. Era il desiderio di raggiungere l’orgasmo usando come preliminare una birichinata
da monella sorridente.
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