Ero
perso, ipnotizzato. Mi aggrappavo come un naufrago a un relitto che galleggia
sull’oceano. A volte guardi le cose come se non le avessi mai viste prima e ti
si presentano così, nella loro luminosa, strabiliante bellezza.
Allargando
con le mani i lembi esterni, quella terra di confine dove finisce l’interno
cosce e inizia l’oasi del piacere, ammiravo stupito quella rosea meraviglia.
La carne
umida vibrava sotto la mia bocca. Irrorata di sangue, gonfia e con le sue mille
terminazioni nervose al culmine della ricettività.
E passavo
dal clitoride, felicemente eretto, al vestibolo, leccandolo e succhiandolo come
se non esistesse domani. Estraendo la lingua fino al massimo possibile, davo
profonde pennellate su tutta la fica della tresca che mugolava stesa al mio
fianco.
L’origine
del mondo, l’origine della vita, la fonte miracolosa era li per placare la mia
voglia. Ma più me ne nutrivo, più ne volevo.
Con il
suo sesso ancora palpitante e gonfio la tresca si è seduta sopra di me e mi ha
incitato a sculacciarla prima di penetrarla ancora.
Con le
sue tettone in bocca mi diceva che la facevo sentire una vera maiala.
“E tu
chi sei?” mi ha chiesto.
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