Periodicamente
mi capita di ricevere dei reclami, anche a distanza di un paio di giorni in cui
la lei di turno mi accusa di averle lasciato dei segni che “ci vorranno almeno
tre settimane prima che vadano via… io ho la pelle delicata!!!” Grazie alle nuove
tecnologie, spesso mi mandano anche le foto.
Ebbene,
come si farebbe a una riunione degli Alcolisti Anonimi, ora mi alzerei in
piedi, direi il mio nome e affermerei “…e mi capita di dare morsi quando faccio
l’amore!!”
Non
lo faccio perché cedo alla fascinazione di vampiri o zombie che da tempo
popolano l’immaginario cinematografico mondiale. Il morso è una continuazione,
una coloritura del bacio. Così come la lingua disegna umidi ghirigori sulle
areole del seno e sul collo, i denti tracciano leggero solchi sulle spalle,
sulla nuca, sui polpacci e a volte afferrano la carne, la assaporano in
profondità.
A volte
è un polpaccio a fungere da “fiero pasto”. Stringere i denti sulla tenera polpa
è come scaricare la tensione, trattenere l’orgasmo e continuare a muoversi nel
corpo di lei senza eiaculare. A volte è per vederle cambiare l’espressione persa
che hanno sul volto. Come diceva il poeta “stuzzicare una sconosciuta fino a vederle
spalancarsi la bocca”. Le gambe di Irina e de La tresca spesso subivano queste
attenzioni, da loro non gradite.
Per
Mary Jane e HH il discoro era diverso. Loro i morsi li gradivano, per non dire che
li esigevano. Le loro schiene nude erano uno sterminato campo di gioco per la
mia bocca. Contro la parete, in ginocchio sul letto, a quattro zampe sul
pavimento i denti disegnavano ovali irregolari. Il dolore si irradiava lungo la
schiena intenso come una scossa elettrica, il corpo si inarcava e poi abbassava
seguendo il ritmo di un respiro prima improvvisamente mozzato e con la stessa
rapidità ripreso e completato con una lunga espirazione che si perdeva in un
lamento confuso e un gemito di piacere.
E dopo l’amore, è bello
coccolarle ricoprendo di teneri baci quelle fresche cicatrici